La coltivazione

Lo Zafferano (Crocus Sativus Linneo) è una piccola pianta di appena 12,5 cm di altezza.

La pianta che in tecnica colturale viene riprodotta per propagazione vegetativa, cioé con il trapianto dei bulbi poiché per la particolare disposizione degli organi di riproduzione (androceo e gineceo) è un triploide con 2N=24 (Nathea, 1977).

Il terreno
Il terrenoPer la coltivazione dello zafferano sono necessari due terreni.

Nel primo terreno i bulbi, trapiantati in agosto, sono cresciuti e si sono riprodotti nei mesi invernali e primaverili, per essere scavati, asportati e selezionati nell’agosto successivo. Il secondo terreno va lavorato, preparato, e lasciato a riposo da novembre ad agosto, quando ospiterà i bulbi nella fase del trapianto. Qui, nell’autunno seguente, sbocceranno i caratteristici fiori viola.

Occorre cambiare di anno in anno gli appezzamenti dove mettere a dimora lo zafferano, secondo una rotazione che prevede anche sei o sette anni di intervallo.

La scelta del terreno è essenziale. Esso deve poter trattenere l’umidità, ma non permettere il ristagno dell’acqua: per questo motivo è importante che i bulbi siano trapiantati in terreni inclinati, mai del tutto pianeggianti. Riguardo alla composizione, il suolo migliore è costituito da terreno di medio impasto a struttura humo-argillosa, fresco, con un elevato contenuto di sostanza organica.

Per permettere che si realizzino queste condizioni ottimali, è necessario che il terreno sia lavorato a maggese per un anno, prima di trapiantarci lo zafferano ed è preferibile che l’anno precedente il maggese la terra sia stata coltivata con leguminose, che la arricchiscono di azoto.

La lavorazione comincia ad agosto-settembre con la concimazione. In passato i terreni venivano concimati con “l’ammandratura”, cioè ponendovi gli stazzi delle pecore. Il loro sterco era preferito agli altri, in quanto non paglioso e consumato dal “rumine” delle pecore, che difficilmente portava semi intatti di erbe che poi sarebbero cresciute sul campo. Attualmente l’utilizzo del concime ovino è stato invece sostituito dall’uso di quello bovino.

Dopo la concimazione il terreno viene immediatamente arato per ricoprire il letame con la terra, in modo che il concime non venga sfruttato dal sole e dall’aria, ma si possa sciogliere nella terra e ingrassarla. In seguito, il campo viene lavorato più volte con la fresatura, per evitare la comparsa di erbe non desiderate e, ad agosto dell’anno successivo, è pronto per accogliere il trapianto del bulbo.

L'asportazione
L'asportazioneNel mese di agosto lo zafferano deve essere asportato dal terreno in cui si trova per essere trapiantato nel secondo terreno. L’operazione consiste nello scoprire i solchi e “scavare” i bulbi, che si sono già riprodotti.

La madre vecchia (il bulbo originario) ha dato vita ad altri bulbi e si è eliminata da sola. Di solito ne produce due, ma a volte può produrne addirittura tre o quattro.

L’asportazione comincia dalle file esterne per essere agevolati poi nello scalzare quelle interne, buttando la terra sullo spazio occupato precedentemente dalle prime file già scavate.

Con la zappa si individuano i bulbi, ma per tirarli fuori si usa il piccone che, pur andando in profondità, non li rovina e non li taglia, come farebbe invece la zappa. Nell’eseguire questo lavoro è essenziale non rovinare la parte superiore del bulbo, altrimenti non si potrebbe afferrarlo i “baffetti” che ha all’estremità superiore, detti “camiciola”.

Nel corso degli anni l’uso della zappa e del piccone è stato progressivamente sostituito prima dall’aratro, ma solo se trainato da animali, e ora da una speciale macchina per cavare tuberi e bulbi.

Mondatura e selezione
Una volta asportati dal terreno i bulbi non sono immediatamente trapiantati nell’altro campo ma vengono portati in un luogo fresco e asciutto per essere mondati e selezionati.

La mondatura consiste nel rimuovere le tuniche esterne lasciando intatte quelle interne. La tunica esterna, completamente secca, si scolla facilmente dalla sfera, e quindi basta strofinare leggermente il bulbo tra le mani per poterla rimuovere.

Dopo la mondatura si passa alla selezione, che consiste nel dividere i bulbi in base alle dimensioni.

Quelli più grandi, ovvero gli “scelti”, sono ripiantati nel terreno preparato nel corso dell’anno, essendo i migliori.

I medi, detti anche “mezzanella”, si trapiantano nello stesso campo dei bulbi scelti, ma nelle file estreme, perché il primo anno produrranno sicuramente pochissimi fiori, ma nei successivi daranno comunque vita ad altri bulbi.

I bulbi piccoli o “capatura” sono tutti quei bulbi che misurano meno di due centimetri di diametro e quindi vengono scartati. La “capatura” viene lasciata nelle grotte in attesa di essere data agli animali come foraggio, ma a volte ci si ricava anche qualche fiore, germogliato spontaneamente nel mese di ottobre.

Insieme alla “capatura” vengono scartati anche i bulbi rovinati dalla zappa, quelli mangiati dai topi, e quelli attaccati dal “fungo volante”, una malattia che li fa marcire.

Una volta eseguita questa ultima operazione i bulbi vengono trapiantati.

Il trapianto
Campo di zafferanoIl trapianto dei bulbi si effettua in agosto, disponendoli nelle “rase” o “spiazzi”.

Una “rasa” è costituita da quattro “solchi”, ovvero quattro file: il primo è detto “solco mastro” in quanto gli altri si fanno allineandosi a questo; seguono altri due solchi e un quarto più largo dove non viene piantato nulla, ma che viene utilizzato unicamente per camminarci durante la raccolta dei fiori. Il sistema del “solco mastro” è utile per la disposizione ordinata delle file dei bulbi: se i bulbi sono distribuiti bene, i fiori, due mesi dopo, crescono a distanza regolare e si possono cogliere più facilmente; inoltre si trovano più agevolmente i bulbi l’anno successivo, al momento dell’asportazione.

Al termine di questa operazione, il campo è quindi occupato da più “rase”, a seconda della larghezza dello stesso,
le quali stanno le une accanto alle altre, sono tutte uguali e perfettamente allineate, e non c’è più differenza tra “solco mastro” e solchi. Il bulbo deve rimanere interrato né troppo in profondità, né immediatamente in superficie. Il trapianto procede nel modo seguente: un uomo fa il solco lavorando continuamente da capo a piedi del campo, lo segue una seconda persona, di solito una donna, che getta nel solco i bulbi portati in un cesto. I bulbi devono essere disposti uno di seguito all’altro e con i ciuffi verso l’alto, così il fiore fa meno fatica a germogliare. Nel tracciare il secondo solco, l’uomo rincalza i bulbi con la zappa.

Nei giorni seguenti l’interramento dei bulbi si procede al “ripianamento”, ovvero alla distribuzione uniforme su tutta la “rasa” della terra che rimane sollevata, soprattutto quella del “solco mastro”, in modo che le “rase” risultino perfettamente ricoperte e pianeggianti. Tale operazione viene di solito eseguita con l’utilizzo di un rastrello, muovendo la terra dall’esterno verso il centro della “rasa”.

La raccolta
La raccoltaLa raccolta dello zafferano è un lavoro che si ripete ogni mattina per l’intero periodo della fioritura, tra la fine di ottobre e la prima metà di novembre. La fioritura dipende molto dall’andamento della stagione e si ha ogni giorno, ma non in maniera uniforme: alcuni giorni i fiori sono pochi, soprattutto nei periodi di inizio e di fine dalla raccolta, altri sono invece copiosi e richiedono grandi quantità di manodopera.

Si tratta di un’operazione da svolgere all’alba. Prima che il sole si alzi facendo aprire i fiori: in questo modo non solo gli stimmi mantengono intatte le loro caratteristiche. I fiori sono anche più agevoli sia la raccolta che la successiva fase della “sfioritura”.

Il lavoro viene eseguito completamente a mano. I fiori, raccolti uno ad uno, sono posti in ceste di vimini, dentro le quali sono trasportati fin nelle case, dove vengono conservati ad asciugare su una stuoia al buio prima di essere “sfiorati”.

La sfioratura
La sfioraturaLa “sfioratura” consiste nella separazione degli stimmi, che costituiscono il vero e proprio zafferano così come si trova in commercio, dagli stami e dal fiore campanulato.

È un operazione eseguita per lo più da donne, le quali si siedono intorno a un tavolo al cui centro sono sparsi i fiori raccolti e lavorano pazientemente per diverse ore. Il lavoro deve essere ultimato entro sera, altrimenti lo zafferano rischia di guastarsi e il raccolto della giornata potrebbe essere compromesso. Per questo motivo, nei giorni di maggiore raccolta, le donne sono costrette a lavorare anche fino a notte inoltrata.

Una volta che gli stimmi sono stati divisi si passa alla fase dell’essiccazione.

L'essiccazione
L'essiccazioneL’essiccazione consiste nel porre gli stimmi “sfiorati” su un setaccio posto sulla brace di legna, fino ad ottenere il prodotto finito. In tutto il ciclo di lavorazione dello zafferano questa è sicuramente la fase più delicata: non a caso è quasi sempre la padrona di casa che si occupa di questo lavoro di grande responsabilità.

Considerando che sono necessari all’incirca 200.000 fiori per ottenere un chilo di prodotto essiccato, bisogna prestare molta attenzione: se gli stimmi rimangono troppo a lungo sul fuoco rischiano di bruciare, vanificando in pochi istanti il lavoro di molto tempo, ma se non si asciugano bene, marciranno entro pochi giorni. Per questo l’essiccazione deve essere effettuata il giorno stesso della raccolta.

Di solito per questa operazione si usano setacci con una tela più resistente, per fare in modo che lo zafferano non bruci. Si mettono dei mattoni sopra la brace e sui mattoni si appoggia il setaccio con gli stimmi da seccare, oppure viene utilizzato un braciere su cui porre il setaccio. La brace deve essere preferibilmente di legno di mandorlo e il setaccio deve essere posto a una certa altezza, lontano dalla brace. È un processo molto lento: quando gli stimmi del fiore dello zafferano cominciano a seccarsi devono essere continuamente girati, facendo attenzione a non frantumare gli stimmi. Una volta essiccato, lo zafferano viene conservato avvolto in un panno di cotone e poi in un altro di lana, ben chiuso per non permettere il contatto con l’aria, che causerebbe la perdita della sua fragranza caratteristica