La mitologia greca attribuisce la nascita dello zafferano all’amore di un bellissimo giovane di nome Crocus che viveva al riparo degli Dei.
Crocus si innamorò di una dolce ninfa di nome Smilace che era la favorita del Dio Ermes. Il Nume, per vendicarsi di Crocus, trasformò il giovane nel bellissimo fìore dello zafferano.
Lo Zafferano è conosciuto da millenni, difatti Omero, Virgilio e Plinio ne parlano spesso nelle loro opere ed Ovidio nelle Metamorfosi.
Se ne parla nei papiri egiziani del II secolo a.C., nella Bibbia e nel IX e XII libro dell’Iliade.
Isocrate si faceva profumare i guanciali prima di andare a dormire e le donne troiane profumavano i pavimenti dei loro templi.
Lo zafferano si coltivava in Cilicia, Barbaria e Stiria. Infatti Scano scrive che i Sidoni e gli Stiri lo usavano per colorare i veli delle loro spose ed i sacerdoti per profumare i loro templi per le grandi cerimonie religiose.
Dall’Asia la coltivazione si estese in varie parti del mondo arrivnao anche in Tunisia e in Spagna, coprendo le zone di Albasete, Teruel, Toledo, Valencia e Murcia.
Come arriva a Navelli?
Da queste zone arrivò in Italia per mano di un certo monaco domenicano appartenente alla famiglia Santucci di Navelli.
Nel Sinodo di Toledo, celebrato intorno al 1230 e approvato da Papa Gregorio IX si istituì l’inquisizione. A tale epoca faceva parte del tribunale ii monaco Santucci, grande appassionato tanto delle leggi e tanto dell’agricoltura.
Il Santucci si innamorò fortemente della piccola pianta e pensando ai suoi terreni dolci della piana di Navelli pensò che questa pianta potesse dare molti buoni frutti.
Difatti lo zafferano qui trovò un habitat molto favorevole e venne fuori un prodotto di gran lunga superiore a quello coltivato in altre nazioni. Rapidamente la coltura si estese nei dintorni e le famiglie nobili che da poco avevano fondato la città de L’Aquila, (Notar Nanni, Ciolina, Bonanni, Signorini, ecc) dettero vita in breve tempo a grandi mercati con le città di Milano e Venezia.